domenica 20 novembre 2011

Shigeru Ban e Mario Botta @ MART


Mercoledì 16 Novembre ho avuto il piacere di ascoltare il faccia a faccia tenutosi al MART di Rovereto tra l'architetto giapponese Shigeru Ban e l'architetto svizzero Mario Botta, moderato dalla giornalista Susanna Legrenzi.
Dopo una breve e doverosa introduzione sui curricula dei due architetti, l'architetto Ban ha iniziato a presentare il proprio lavoro e le proprie opere in un piacevole speech solitario (pare da lui specificamente richiesto) corredato da magnifiche immagini.

Ban ha iniziato esprimendo il suo grande disappunto per le costruzioni per committenti danarosi o per l'architettura dedicata a "pochi". Ha iniziato mostrando quindi i suoi primi lavori che partivano da concetti molto semplici e chiari: la sua "Furniture house 1", una villa in Giappone che come struttura portante verticale usa solamente i mobili di legno necessari alla vita della casa stessa; tale casa possiede una tecnica costruttiva di assemblaggio che permette l'autocostruzione e un costo molto basso. Procedendo nella sua narrazione l'architetto giapponese ha esposto alcune sue ville costruite in Giappone e in USA, nelle quali ha reinterpretato i concetti e gli spazi di Mies e comparando le sue ville con la Farnsworth's House e il padiglione Barcelona. I casi proposti hanno riguardato la Sagaponac House a Long Island, la Wall Less House a Nagano e la Nine Square Grid House a Kanagawa.




In queste ville si intravedono le impronte culturali dell'architetto Ban: quella giapponese, dell'apertura verso l'esterno della casa e la flessibilità degli spazi suddivisi da leggerissime pareti o solamente dall'arredo, e la sua esperienza americana, (come nella Picture Window House a Shizuoka) che ricorda certe case nel deserto della california di Neutra.

Ban ha poi raccontato il suo Centre Pompidou a Metz spiegando la sua ricerca sugli incastri della copertura in legno basata sul concetto dell'intreccio esagonale delle fibre del bambu nei cappelli giapponesi.

Ha poi iniziato a raccontare il suo impegno per l'architettura di emergenza iniziato con il terremoto di Kobe in Giappone nel 1995. Nel 1999 ha proposto alla UNHCR una semplice struttura di tubi di carta per le tende da fornire ai profughi del Ruanda; questa soluzione venne adottata e venne anche finanziata da VITRA.
Ha anche raccontato del suo auditorium con struttura in tubi di cartone, progettato per l'Aquila dopo il terremoto, mostrando lo schema strutturale con pareti in sacchi di sabbia e pilastri in tubi di cartone.
L'architetto ha poi presentato la sua ricerca architettonica con le strutture di carta, mostrando il meraviglioso padiglione giapponese per l'Expo di Hannover del 2000 (struttura completamente in tubi di cartone legati con corda) e i suoi ultimissimi lavori: il padiglione di Hermes e una chiesa in Nuova Zelanda.



Per concludere il proprio intervento l'architetto giapponese ha spiegato quanto per lui sia importante il concetto di reversibilità della propria architettura, spiegando che le costruzioni sono "a termine" e quindi devono essere progettate per essere un giorno demolite; quindi devono essere pensate, fin dalla progettazione, per un facile smontaggio e riciclaggio.

Alla fine dell'intervento di Shigeru Ban è intervenuto Mario Botta che ha commentato il lavoro dell'architetto giapponese confrontandolo con il proprio.
Botta ha trovato molte similitudini tra il proprio lavoro e quello di Ban soprattutto nella ricerca delle forme della natura e nell'uso di materiali semplici come lo è l'uso del mattone di cotto nelle proprie opere.
Ha anche paragonato l'architetto Ban ad un castoro che recupera materiali poveri come i tronchi di legno galleggianti nell'acqua per costruire ripari e dighe; Botta ha anche intravisto nell'architettura di Ban delle similitudini con l'arte povera di Jean Tinguely.

D.C.

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