martedì 20 novembre 2012

Pavillion Humanidade2012

Una struttura reticolare, traslucida, esposta a tutte le condizioni atmosferiche: luce, caldo, pioggia, suoni di onde e vento, per ricordare all’ uomo la sua fragilità al cospetto della natura”.

Con queste parole le progettiste Carla Juaçaba e Bia Lessa descrivono il loro PavillionHumanidade20125 pareti strutturali, realizzate con ponteggi tubo-giunto, che danno forma ad una “passerella sospesa nel paesaggio di Rio”, interrotta da spazi di pausa e riflessione una promenade architecturale tra natura e spazi ad orologeria.
Il materiale ed i ponteggi utilizzati per realizzare la struttura sarà successivamente smontato e riutilizzato: l’ architettura effimera si trasforma e diventa reale alternativa di riciclo e sostenibilità.


Il progetto di Juaçaba e Lessa affronta un tema che ha avuto nel decennio 1960-1970 i suoi sviluppi più radicali e creativi: la struttura come elemento generatore e riassuntivo del progetto stesso. 
Le esperienze utopiche di quegli anni, complice la diffusa fiducia nel progresso e nella tecnologia del periodo post-bellico,  affrontarono diffusamente il tema attraverso sperimentazioni ardite ed utopie tecnologiche; tra i tanti, i progetti per la Ville Spatiale di Yona Friedman ed il Fun Palace di Cedric Price, il Monumento Continuo del Superstudio, il Padiglione Big Roof per L’Expo di Osaka 1970 progettato da Kenzo Tange e dai suoi allievi Metabolisti.

Yona Friedman, La Ville Spatiale 1962

Cedric Price, Fun Palace 1961

Superstudio, Monumento Continuo 1971

Questa rielaborazione delle due progettiste si sviluppa a partire dall'elemento cardine di tutte queste differenti esperienze utopiche: la scala del progetto, grazie alla quale semplici strutture reticolari divengono vere e proprie megastrutture 
Il Pavillion Humanidade2012 è un palinsesto flessibile ed aperto alle differenti configurazioni d’uso, sintesi tra  utopia tecnologica e necessità espositiva che trova forse nel Padiglione per l'Expo di Osaka '70 il suo riferimento più diretto.

Tange Lab + Taro Okamoto, Big Roof ,Expo Osaka 1970

Tange Lab + Taro Okamoto, Big Roof ,Expo Osaka 1970

Carla Juacaba e Bia Lessa, Pavillon Humanidade 2012

Carla Juacaba e Bia Lessa, Pavillon Humanidade 2012

sabato 3 novembre 2012

RPBW Trento: short preview

Piccola anteprima del rapido sopralluogo che Archimpura ha avuto la possiblità di effettuare al cantiere di Renzo Piano a Trento.
Anteprima, perchè sull'argomento non ci fermeremo qui ...
... ma facciamo un passo alla volta: ora accontentatevi di qualche fotografia così per introdurre l'argomento.




to be continued ...

martedì 9 ottobre 2012

PIER LUIGI NERVI. Architettura come sfida.

Proseguono le incursioni del team di Archimpura ai vari eventi che si susseguono in questo periodo. Questa volta ci troviamo a Mantova, tappa dell'esposizione itinerante sull'ingegnere Pier Luigi Nervi (1891-1979).


Non serve dilungarsi sulle numerose opere che l'ingegnere valtellinese ha lasciato in Italia e nel mondo a testimonianza delle sue doti di calcolatore e architetto. Più interessante è invece fare un accenno alla forte connessione che c'è tra Nervi e Mantova.
Sì, perché passeggiando sul lungo lago di Mantova è impossibile non incrociare lo sguardo con il profilo della Cartiera Burgo, progettata e costruita tra il 1961 e il 1964 dal Nervi, a cui la mostra dedica una speciale sezione.

L'edificio progettato a Mantova per il produttore piemontese di carta Burgo è un'architettura in grado di risolvere pienamente le esigenze di funzionalità della committenza con un esito di grande forza che si staglia nettamente nel panorama padano circostante, in una sorta di contraltare al classico e famoso skyline della città dei Gonzaga.


L'edificio si presenta con due monumentali telai alti 50 metri in cemento armato che sorreggono il "ponte" sospeso a copertura di un unico ambiente lungo 250m. Ogni telaio è caratterizzato da un elemento trasversale superiore della lunghezza di 35,6 metri che contiene gli ancoraggi delle catene di sospensione della copertura, realizzate tramite ferri piatti assemblati e snodati, e che riporta le azioni sui cavalletti perimetrali dalla caratteristica forma "a Y".


La megastruttura della Burgo resterà un unicum nei progetti di Nervi. Se l'immagine finale è il frutto di una sperimentazione formale rimasta un caso isolato nella produzione architettonica dell'ingegnere, il procedimento per la sua realizzazione invece ne riassume il suo percorso di costruttore: le forme a terra degli elementi  prefabbricati, i casseri a perdere e i solai a nervature sono la sintesi di un pensiero costruttivo caratterizzato da razionalità, praticità e intelligenza organizzativa.

lunedì 10 settembre 2012

Carne al fuoco e architetti alla brace

Rieccoci on line, dopo un letargo dovuto agli impegni lavorativi dei nostri tre architetti impuri che, a quanto pare alla faccia della crisi drammatica che sta ancora mordendo Italia ed Europa (soprattutto nel nostro settore, ndr), hanno stretto i denti e con enormi sacrifici non hanno mai smesso di praticare la professione.
Si perché diciamo pure, praticare la professione al giorno d'oggi è sempre più una lotta; contro il tempo inesistente, contro parcelle non pagate, contro committenti che non riconoscono cosa sia l'impegno del professionista o contro collaborazioni con studi che impongono condizioni lavorative o di pagamento al limite del legale. Piccolo sfogo che mi concedo anche a nome degli altri due amici impuri che credo si associno.
Nonostante questo quindi l'architettura procede.
Nei prossimi mesi ci sarà un bel po' di carne al fuoco per tutti a quanto pare: ma andiamo con ordine.

Come prima cosa la biennale di Venezia, con il buon Chipperfield che è stato stracriticato sul LA Times, da Wolf Prix dei Coop Himmelb(l)au che ha commentato "cannot get any worse" (qui l'articolo) e da Luigi Prestinenza Puglisi sul suo sito e sulla celebre PresS/Tletter. (Chipperfield voto 3. Non male)

Nell'attesa di avere il piacere di andare a visitarla con la solita allegra combricola dell'aperitivo al chiosco di Santa Maria Formosa.. e di potervela raccontare su twitter e su instagram, le voci che ci giungono, parlano molto bene dell'installazione dei vincitori Urban Think Tank e la loro installazione "Torre David / Gran Orizonte".



 Poi si dovrà parlare dell'annuncio sempre durante la biennale del docu-film di Wim Wenders in 3D su Peter Zhumthor. Il celebre regista non ha portato però il tanto atteso trailer ma solamente una video intervista all'architetto svizzero.


Dopo la biennale vi segnaliamo due interessanti articoli come spunto di riflessione per tutti e anche per futuri post.

Il primo dei due articoli è apparso qualche giorno fa sulle pagine del Corriere della Sera a firma dell'esimio prof. Arch. Gregotti che ha accusato di "Colonialismo architettonico" lo studio degli svizzeri Herzog & De Meuron per il loro progetto della nuova fondazione Feltrinelli a Milano (qui l'articolo).
Il secondo articolo è apparso sul quotidiano on line il Post a firma dell'altrettanto esimio Prof. Luca Molinari che ha risposto in maniera molto pacata al Gregotti con il titolo "Una occasione da non perdere: la nuova sede della fondazione Feltrinelli a Milano".


E poi quest'anno avremo un inviato speciale al Cersaie di Bologna che ci documenterà uno dei tantissimi incontri programmati. Per ora non vi diremo quale. Ma vi segnaliamo che ci sarà una lectio magistralis di Souto de Moura, una conferenza con Shigeru Ban, un incontro con Cini Boeri e Stefano Mirti. Indiscrezioni ci danno anche la presenza di Kengo Kuma...


Insomma archimpura si risveglia alla grande dal sonno dei mesi passati.

Preparatevi, sarà un autunno caldo e archimpuro.

D.

venerdì 30 marzo 2012

L’essenziale è invisibile agli occhi; l’architettura è invisibile agli occhi



Esiste un’architettura silenziosa ed indifferente di cui raramente si parla, perché raramente vediamo; esiste un’architettura fatta di cul de sac, parcheggi, cancelli, staccionate e muretti.
Esiste un’architettura invisibile agli occhi ma essenziale nel definire lo spazio urbano che abitiamo.
Eppure, la maggior parte della realtà urbana che ci circonda è il prodotto di questi spazi invisibili che si ri-generano  con ritmo sincopato. Strato su strato si sovrappongono superfici, oggetti, colori, materiali, segni e scritture; lo spazio viene diviso, sezionato, imbrigliato.
Non c’è ordine compositivo predefinito; gli unici impulsi ai quali questi spazi rispondono son quelli di tipo economico, culturale e politico che dettano il ritmo e le modalità del cambiamento, spesso silenzioso ed epidermico.


Lo Storefront for Art and Architecture di New York dedica in questi giorni una esposizione personale a Lan Tuazon. Artista filippina (ma newyorkese d’adozione), la Tuazon  ha rivolto una buona parte della propria produzione artistica alla riflessione sul significato e sulla formazione di questi spazi urbani ordinari, immaginandone nuove prospettive e trasformazioni.



Secondo Tuazon, la genesi e l’evoluzione dei luoghi , così come la tassonomia che li ordina e cataloga, sono strettamente legati a quegli impulsi economici, culturali e sociali  che intervengono in tutti i  processi di trasformazione urbana; Gli elementi per mezzo dei quali tali processi si realizzano acquistano conseguentemente dei connotati simbolici oltre che strumentali.


                

L’opera “Architectures of Defense” (2010), per esempio, è una riflessione sul ruolo dei cancelli e dei recinti nello spazio urbano: layer sovrapposti di griglie metalliche ci ricordano che il loro ruolo è essenzialmente quello di separare e demarcare gli ambiti pubblico e privato, l’ “Io” dal “Noi”.

                              
New York City Bar Graph” ( 2009) è una rassegna di 120 modelli di famosi grattacieli indicizzati per funzioni  (hotel, uffici, residenze, edifici civici, ecc.), disposti in grafici /scaffali che mostrano lo stretto rapporto tra la scala, la forma e la struttura dell’edificio con il ruolo  economico – rappresentativo giocato all’interno del tessuto urbano.  “Parking Lot Islands” (2010) e “Parking Lot Landscapes” (2010) si interrogano invece sulla qualità e sulla reale accessibilità degli spazi destinati a parcheggio, immaginando una nuova topografia a partire dalla ri-composizione di questi.

  
  
Le opere della Tuazon mettono in discussione la scrittura dello spazio esercitata nel tempo da storie, leggi ed evoluzioni economiche che sono, inevitabilmente, espressione di una classe dominante. Ripensare questi spazi indifferenti attraverso gli stessi elementi espressivi,  significa riverderne le gerarchie e ripensare i rapporti tra i  concetti di “privato” e “collettivo”



“My work is about the urban landscape and how political history is written (or erased) in urban planning. According to the historian Eric Hobsbawm urban planning determine the feasibility of protest and civic unrest to develop into political revolutions. American cities are considered defensible cities, cities designed to suppress and prevent even the beginnings of demonstrations, riots and insurrections. Collectively and as individuals, we have lost the public grounds of mobilization. City streets are made narrow to limit traffic and minimize the potential impact of protests while public spaces are designed as visible areas for surveillance. In the last year I have been studying features of old European cities that have the spatial conditions necessary for the mobilization of the masses: large boulevards, open plazas, cluster streets and finally, identifiable locations of power. In recent projects I have taken these features to create alternative possibilities of existing defensible cities.” 
Lan Tuazon, Production of Space, 2010






S.D.

venerdì 13 gennaio 2012

Specie di Spazi


“Lo spazio è un dubbio”
G. Perec, Specie di spazi

Una casa è facilmente scomponibile in macrocategorie: strutture verticali, strutture orizzontali, tamponamenti, collegamenti verticali ed inclinati, coperture e finiture varie.
Una casa , così come siamo abituati a pensarla, è composta da muri, solai, scale e da un tetto.
Una casa ( la sua idea e la sua forma fisica)  è anche una matrioska: un oggetto che a sua volta contiene altri oggetti che contengono altri oggetti che contengono altri oggetti; l’insieme stanze è sottoinsieme dell’insieme casa, l’insieme zona giorno è sottoinsieme dell’ insieme stanze, l’insieme salotto è sottoinsieme dell’ insieme zona giorno e potremmo continuare ancora questa suddivisione  sommaria

 

L’uso delle categorie offre vantaggi innegabili nella vita quotidiana,; dal supermercato ad ITunes, tutto è indicizzato e catalogato, anche se i dischi dei Radiohead che vengono catalogati come Rock, Pop, Alternative, Indie a seconda di come un critico di Pitchfork o Rolling Stone si sveglia alla mattina sono la dimostrazione che i parametri di suddivisione in categorie generali non sempre sono condivisa ugualmente da tutti gli utenti.
Ci sono però oggetti che attraversano le categorie; scavalcandole, inglobandole e rielaborandole in qualcosa di completamente nuovo.  Super–oggetti che occupano una zona grigia ed indefinita.
“White Elephant”, opera di Jimenez Lai, è un super-oggetto che ci costringe quantomeno a riflettere sulla sua presenza: troppo piccolo per essere una stanza (una stanza dentro la stanza), troppo grande per essere un arredo del salotto così come lo immaginiamo.
Pensato – credo - per un movimento continuo, fisico e mentale, White Elephant non da punti di riferimento: è allo steso tempo contenuto e contenitore, mobile e ribaltabile, concavo e convesso, amorfo ma seducente. 



Potremmo ipotizzare che a super-oggetti corrispondano super-spazi; ambienti familiari ma distinta da un elemento destabilizzante. Immaginiamo di vedere la Gioconda con i Baffi o Lenny Kravitz piastrato: li riconosciamo pur percependo che c'è qualcosa di "sbagliato".
Half Real, allestimento realizzato dai greci Point Supreme Architects, investiga lo stravolgimento percettivo provocato dalla riproduzione di una galleria espositiva, in scala 1:2, all'interno dell'originale. Come sopra, un oggetto che a sua volta contiene altri oggetti che contengono altri oggetti che contengono altri oggetti; una matrioska che confonde la percezione dimensionale di spazi che diamo per scontati.



Se i super-oggetti possono trovarsi all'interno di super-spazi, allo stesso modo questi ultimi possono sorgere in super-terreni. L'olandese TenCate produce GeoDetect®  ,un sistema geotessile in grado di "rinforzare il terreno, monitorare le condizioni strutturali e fungere da sistema di allarme".
In poche parole l'applicazione di questo prodotto - o prodotti simili - trasforma il terreno in elemento intelligente e tecnologico, un sistema interrato di monitoraggio ambientale
Quello che apparentemente si presenta come un bosco potrebbe in realtà essere un sofisticato sistema di lettura e codifica del paesaggio e delle sue mutazioni: il tutto leggibile tramite l'app adatta.

S.D.