domenica 20 novembre 2011

Shigeru Ban e Mario Botta @ MART


Mercoledì 16 Novembre ho avuto il piacere di ascoltare il faccia a faccia tenutosi al MART di Rovereto tra l'architetto giapponese Shigeru Ban e l'architetto svizzero Mario Botta, moderato dalla giornalista Susanna Legrenzi.
Dopo una breve e doverosa introduzione sui curricula dei due architetti, l'architetto Ban ha iniziato a presentare il proprio lavoro e le proprie opere in un piacevole speech solitario (pare da lui specificamente richiesto) corredato da magnifiche immagini.

Ban ha iniziato esprimendo il suo grande disappunto per le costruzioni per committenti danarosi o per l'architettura dedicata a "pochi". Ha iniziato mostrando quindi i suoi primi lavori che partivano da concetti molto semplici e chiari: la sua "Furniture house 1", una villa in Giappone che come struttura portante verticale usa solamente i mobili di legno necessari alla vita della casa stessa; tale casa possiede una tecnica costruttiva di assemblaggio che permette l'autocostruzione e un costo molto basso. Procedendo nella sua narrazione l'architetto giapponese ha esposto alcune sue ville costruite in Giappone e in USA, nelle quali ha reinterpretato i concetti e gli spazi di Mies e comparando le sue ville con la Farnsworth's House e il padiglione Barcelona. I casi proposti hanno riguardato la Sagaponac House a Long Island, la Wall Less House a Nagano e la Nine Square Grid House a Kanagawa.


giovedì 3 novembre 2011

Architettura povera

Al giorno d’oggi si associa sempre di più il termine architettura a costruzioni con connotati scenografici stupefacenti come i musei delle archistar o a edifici (ri)vestiti con materiali innovativi o facciate tecnologicamente avanzate. Non sto criticando le archistar (non oggi, non in questo post) e non metto nemmeno in dubbio la bontà costruttiva o l’estetica di queste opere architettoniche.
Sto pensando al tempo in cui stiamo vivendo, alle notizie della crisi che sta divorando l’economia attuale e sto pensando al futuro dell’architettura in un’Europa (o forse solo l’Italia) che stenta a dare opportunità ai giovani di comprarsi una casa e di trovare occupazione.
Architettura povera quindi.
Auspicare ad un ritorno dei “vecchi” principi costruttivi non significa fare architettura povera però. Recuperare le preesistenze, riutilizzare fabbriche (involucri, volumi) abbandonati o dismessi nel tessuto urbano potrebbe essere architettura povera?

La crisi porterà la popolazione a riutilizzare veramente le risorse costruite già a disposizione visto che il mercato immobiliare è letteralmente crollato? O forse negli anni passati il bisogno di immobilizzare capitali ha fatto si che vi siano villette, bifamiliari e palazzine per centinaia di nipoti e pronipoti?