Esiste
un’architettura silenziosa ed indifferente di cui raramente si parla, perché
raramente vediamo; esiste un’architettura fatta di cul de sac, parcheggi, cancelli, staccionate e muretti.
Esiste
un’architettura invisibile agli occhi ma essenziale nel definire lo spazio
urbano che abitiamo.
Eppure, la maggior
parte della realtà urbana che ci circonda è il prodotto di questi spazi
invisibili che si ri-generano con ritmo
sincopato. Strato su strato si sovrappongono superfici, oggetti, colori,
materiali, segni e scritture; lo spazio viene diviso, sezionato, imbrigliato.
Non c’è ordine
compositivo predefinito; gli unici impulsi ai quali questi spazi rispondono son
quelli di tipo economico, culturale e politico che dettano il ritmo e le
modalità del cambiamento, spesso silenzioso ed epidermico.
Lo Storefront for Art and Architecture di
New York dedica in questi giorni una esposizione personale a Lan Tuazon. Artista filippina (ma newyorkese
d’adozione), la Tuazon ha rivolto una buona parte della propria produzione
artistica alla riflessione sul significato e sulla formazione di questi spazi
urbani ordinari, immaginandone nuove prospettive e trasformazioni.
Secondo Tuazon, la
genesi e l’evoluzione dei luoghi , così come la tassonomia che li ordina e
cataloga, sono strettamente legati a quegli impulsi economici, culturali e
sociali che intervengono in tutti i processi di trasformazione urbana; Gli
elementi per mezzo dei quali tali processi si realizzano acquistano
conseguentemente dei connotati simbolici oltre che strumentali.
L’opera “Architectures of
Defense” (2010), per esempio, è una riflessione sul
ruolo dei cancelli e dei recinti nello spazio urbano: layer sovrapposti di
griglie metalliche ci ricordano che il loro ruolo è essenzialmente quello di separare
e demarcare gli ambiti pubblico e privato, l’ “Io” dal “Noi”.
“New York City
Bar Graph” ( 2009) è una rassegna di 120 modelli di famosi grattacieli
indicizzati per funzioni (hotel, uffici,
residenze, edifici civici, ecc.), disposti in grafici /scaffali che mostrano lo
stretto rapporto tra la scala, la forma e la struttura dell’edificio con il
ruolo economico – rappresentativo
giocato all’interno del tessuto urbano. “Parking Lot Islands” (2010) e “Parking
Lot Landscapes” (2010) si interrogano invece sulla qualità e sulla reale
accessibilità degli spazi destinati a parcheggio, immaginando una nuova
topografia a partire dalla ri-composizione di questi.
Le opere della Tuazon mettono in discussione la
scrittura dello spazio esercitata nel tempo da storie, leggi ed evoluzioni
economiche che sono, inevitabilmente, espressione di una classe dominante. Ripensare
questi spazi indifferenti attraverso gli stessi elementi espressivi, significa riverderne le gerarchie e ripensare
i rapporti tra i concetti di “privato” e
“collettivo”
“My work is about the urban landscape and how political history is
written (or erased) in urban planning. According to the historian Eric Hobsbawm
urban planning determine the feasibility of protest and civic unrest to develop
into political revolutions. American cities are considered defensible cities,
cities designed to suppress and prevent even the beginnings of demonstrations,
riots and insurrections. Collectively and as individuals, we have lost the
public grounds of mobilization. City streets are made narrow to limit traffic
and minimize the potential impact of protests while public spaces are designed
as visible areas for surveillance. In the last year I have been studying
features of old European cities that have the spatial conditions necessary for
the mobilization of the masses: large boulevards, open plazas, cluster streets
and finally, identifiable locations of power. In recent projects I have taken
these features to create alternative possibilities of existing defensible
cities.”
Lan Tuazon, Production of Space, 2010
S.D.
S.D.