venerdì 30 marzo 2012

L’essenziale è invisibile agli occhi; l’architettura è invisibile agli occhi



Esiste un’architettura silenziosa ed indifferente di cui raramente si parla, perché raramente vediamo; esiste un’architettura fatta di cul de sac, parcheggi, cancelli, staccionate e muretti.
Esiste un’architettura invisibile agli occhi ma essenziale nel definire lo spazio urbano che abitiamo.
Eppure, la maggior parte della realtà urbana che ci circonda è il prodotto di questi spazi invisibili che si ri-generano  con ritmo sincopato. Strato su strato si sovrappongono superfici, oggetti, colori, materiali, segni e scritture; lo spazio viene diviso, sezionato, imbrigliato.
Non c’è ordine compositivo predefinito; gli unici impulsi ai quali questi spazi rispondono son quelli di tipo economico, culturale e politico che dettano il ritmo e le modalità del cambiamento, spesso silenzioso ed epidermico.


Lo Storefront for Art and Architecture di New York dedica in questi giorni una esposizione personale a Lan Tuazon. Artista filippina (ma newyorkese d’adozione), la Tuazon  ha rivolto una buona parte della propria produzione artistica alla riflessione sul significato e sulla formazione di questi spazi urbani ordinari, immaginandone nuove prospettive e trasformazioni.



Secondo Tuazon, la genesi e l’evoluzione dei luoghi , così come la tassonomia che li ordina e cataloga, sono strettamente legati a quegli impulsi economici, culturali e sociali  che intervengono in tutti i  processi di trasformazione urbana; Gli elementi per mezzo dei quali tali processi si realizzano acquistano conseguentemente dei connotati simbolici oltre che strumentali.


                

L’opera “Architectures of Defense” (2010), per esempio, è una riflessione sul ruolo dei cancelli e dei recinti nello spazio urbano: layer sovrapposti di griglie metalliche ci ricordano che il loro ruolo è essenzialmente quello di separare e demarcare gli ambiti pubblico e privato, l’ “Io” dal “Noi”.

                              
New York City Bar Graph” ( 2009) è una rassegna di 120 modelli di famosi grattacieli indicizzati per funzioni  (hotel, uffici, residenze, edifici civici, ecc.), disposti in grafici /scaffali che mostrano lo stretto rapporto tra la scala, la forma e la struttura dell’edificio con il ruolo  economico – rappresentativo giocato all’interno del tessuto urbano.  “Parking Lot Islands” (2010) e “Parking Lot Landscapes” (2010) si interrogano invece sulla qualità e sulla reale accessibilità degli spazi destinati a parcheggio, immaginando una nuova topografia a partire dalla ri-composizione di questi.

  
  
Le opere della Tuazon mettono in discussione la scrittura dello spazio esercitata nel tempo da storie, leggi ed evoluzioni economiche che sono, inevitabilmente, espressione di una classe dominante. Ripensare questi spazi indifferenti attraverso gli stessi elementi espressivi,  significa riverderne le gerarchie e ripensare i rapporti tra i  concetti di “privato” e “collettivo”



“My work is about the urban landscape and how political history is written (or erased) in urban planning. According to the historian Eric Hobsbawm urban planning determine the feasibility of protest and civic unrest to develop into political revolutions. American cities are considered defensible cities, cities designed to suppress and prevent even the beginnings of demonstrations, riots and insurrections. Collectively and as individuals, we have lost the public grounds of mobilization. City streets are made narrow to limit traffic and minimize the potential impact of protests while public spaces are designed as visible areas for surveillance. In the last year I have been studying features of old European cities that have the spatial conditions necessary for the mobilization of the masses: large boulevards, open plazas, cluster streets and finally, identifiable locations of power. In recent projects I have taken these features to create alternative possibilities of existing defensible cities.” 
Lan Tuazon, Production of Space, 2010






S.D.